Il Primo maggio: storia e
significato di una ricorrenza
Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare
l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni
nella capitale francese :
"Una grande manifestazione sarà organizzata per
una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le
città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di
ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le
altre risoluzioni del Congresso di Parigi".
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta
cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio
1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa
nel sangue.
Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le
organizzazioni dei lavoratori intensificano l'opera di sensibilizzazione sul
significato di quell'appuntamento.
"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a
Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno
gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro
per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di
nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel
voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto
che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva
l'Internazionale!".
Da parte loro i governi, più o meno liberali o
autoritari, allertano gli apparati repressivi.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano
pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi
manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica
successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la
partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far
slittare la manifestazione alla giornata festiva.
Del resto si tratta di una scommessa dall'esito
quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello
nazionale - il Partito socialista e la Confederazione generale del lavoro sono
di là da venire - rappresenta un grave handicap dal punto di vista
organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a
scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore,
considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio
italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di
classe.
Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890
costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei
lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala
nazionale, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale.
Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima
riuscita:
Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di
quell'appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente
quella che, da lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di
tutti i paesi".
Tra ottocento e novecento
Inizia così la tradizione del 1 maggio, un
appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore
improvvisazione e maggiore consapevolezza. L'obiettivo originario delle otto
ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e
sociali considerate più impellenti. La
protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le
manifestazioni di fine Ottocento.
Il 1 maggio
1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane", che
investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni
del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del
suffragio universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la
partecipazione dell'Italia alla guerra mondiale.
Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza:
giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta
?
Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna
la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i
fautori dell'una e dell'altra caratterizzazione.
Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti,
definendola una "festa ribelle", ma nei fatti il 1 maggio è l'una e
l'altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più lotta o più festa.
Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori
possono festeggiare il conseguimento dell'obiettivo originario della
ricorrenza: le otto ore.
Il
ventennio fascista
Nel volgere di due anni però la situazione muta
radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1
maggio.
Durante il fascismo la festa del lavoro viene
spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata,
essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una
connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per
esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui
muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al
regime.
Dal
dopoguerra a oggi
All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945,
partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria
della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d'Italia in un clima
di entusiasmo.
Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla
strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno
fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio.
Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della
profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale.
Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza
politica celebrare uniti la loro festa.
Che anche se
modificate rispetto alle forme tradizionali hanno un loro valore
Sta noi che dell'importanza di questa giornata
conserviamo il ricordo trasmetterla alle
nuove generazioni